Leadership al Femminile e pandemia

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Leadership al Femminile e pandemia
Claudia Cattani Consigliera ODCEC di Roma - Presidente Comitato Pari Opportunita’

Una buona politica di genere è una buona politica economica e sociale.  

Introduzione

Sono stata dal 2016 al 2020 Presidente di Rete Ferroviaria Italiana (RFI). Attualmente svolgo gli incarichi di Consigliere di Amministrazione (LVenture Group - Fondo di Venture capital per start up quotato in borsa) e di Presidente del collegio sindacale di Bnl BNP Paribas, AS Roma, Findomestic Banca. Nel settore no profit sono Consigliera di amministrazione della Fondazione del Vaticano Centesimus annus pro pontefice, Presidente del’ Organo di controllo del Comitato Italiano per l’UNICEF e della Associazione Culturale Civita. Prima di queste recenti esperienze, ho sviluppato la mia carriera professionale nel network internazionale Deloitte dove ho rivestito il ruolo di Tax Equity Partner dal 1997 al 2016 ed ho contribuito alla costituzione e alla crescita del settore dedicato alla consulenza fiscale e societaria (dalle originarie 5 risorse nel 1988 alle 450 risorse specializzate in materia fiscale e societaria nel 2016). Quando ho iniziato il mio percorso lavorativo sono stata la prima donna ad essere assunta in Italia dal network per il quale lavoravo, la prima dirigente donna nel 1987, la prima manager, la prima mamma, la prima Partner nella consulenza, per questo ritengo di aver maturato una esperienza diretta di leadership ma anche di aver potuto osservare la evoluzione di questa tematica al femminile.

Esiste una leadership al femminile?

Si parla da molti anni di leadership al femminile da parte di psicologhi e sociologi; in un primo tempo chiedendosi se vi fosse uno stile di leadership attuato dalle donne diverso da quello degli uomini.  Inizialmente, infatti, si riteneva che lo stile di comando dovesse essere lo stesso, confondendo a mio avviso il concetto di comando (ossia impartire ordini) con quello di leadership (stimolare i collaboratori verso un comune obiettivo).  In realta’ la risposta è si, esiste uno stile di leadership più praticato dalle donne in quanto più congeniale alle loro naturali caratteristiche (ma non necessariamente esclusivo delle donne)

In cosa si sostanzia la leadership al femminile?

Innanzitutto si parla, non a caso, di Leadership, poiche’ questa parola già connota uno specifico stile di management , spesso presente nelle donne,  che mira alla creazione di:

• stima, armonia, condivisione nel team;
• fiducia, buona comunicazione, lealtà;
• coinvolgimento di tutti i componenti del team/partecipazione di tutti al progetto;
• entusiasmo, spirito di squadra;

e mira a:
• spiegare, insegnare, trasferire esperienza;
• fornire spunti di riflessione e non impartire rigidi ordini;
• favorire la condivisione dei successi con il team.

Con quali comportamenti concreti si attuano queste modalità di management al femminile?

Inclusività.
Capacità di ascolto.
Condivisione.
Flessibilità.
Cercare sempre una soluzione evitando le prese di posizione rigide.
Dare valore a tutte le opinioni, alle diverse caratteristiche personali ed ai diversi comportamenti nelle varie situazioni (non imporre un proprio modello a priori).
Capire la psicologia degli interlocutori.
Cogliere il meglio dai propri collaboratori.

In sintesi: flessibilità, mediazione, attitudine ad individuare un punto di incontro sono caratteristiche ricorrenti nelle donne leader. Inoltre, come teorizzato da alcuni, la donna, rispetto agli uomini, ha una diversa relazione con il potere. A tale proposito riporto una interessante citazione di Paola Severino (nota penalista, ex ministra della giustizia e vicepresidente LUISS) contenuta in una intervista del Corriere della Sera del 24 aprile 2020: «Le donne separano merito e potere; gli uomini misurano il merito con il potere. Il merito per le donne non ha come riconoscimento naturale e obbligato il potere. Le donne spesso si accontentano di essere brave; gli uomini si accontentano solo con il potere e si nominano l’un l’altro. Le donne hanno difficoltà ad accettare il potere come conseguenza di qualità e competenza. Occorre pertanto ridurre il gap tra merito e potere».

Pandemia

Taluni hanno sostenuto che i Paesi guidati da donne hanno reagito in modo più efficace alla pandemia (Nuova Zelanda, Taiwan, Islanda, lndia, Germania e Kerala).  In questi Paesi, infatti, sono stati registrati meno decessi da COVID-19. L’approccio utilizzato dalle leader di questi Paesi ossia di mostrare gentilezza e sensibilità insieme all’obiettivo prioritario di salvare vite prima di ogni altra cosa, e’ stato efficace.  In generale i Leader che hanno mostrato umiltà e vulnerabilità nei confronti del virus hanno ottenuto maggiore apprezzamento. Umilta’ e concretezza hanno pagato nei confronti di leader piu’ “mascolini” (Trump, Johnson, Bolsonaro) che hanno fallito sotto il profilo della immagine.

Le donne manager hanno mostrato più timori sul futuro rispetto alle normali cittadine,
forse per una maggiore consapevolezza sulla incertezza del futuro e per la attitudine manageriale ad individuare soluzioni in prima persona e non attenderle da altri (politica, istituzioni,
datore di lavoro, Europa etc)

Molte donne, inoltre, sono state in prima linea nella sanita’ (medici, infermiere, operatrici sanitarie) e nel campo della ricerca; cio’ ha dato loro molta visibilità.
Come associata storica della Fondazione Marisa Bellisario e Responsabile della sezione Lazio, ho avuto un ruolo attivo nella richiesta e divulgazione di una ricerca condotta dalla sondaggista Alessandra Ghisleri di Euromedia Research per la Fondazione Marisa Bellisario, su un campione di donne associate alla Fondazione (quindi manager, imprenditrici, professioniste) ed un campione di donne costituito da private cittadine non appartenenti alla  Fondazione; ciò ha evidenziato un diverso approccio delle donne manager rispetto alle cittadine in generale. La ricerca ha, infatti, portato in luce gli stessi timori in entrambi i gruppi sulla incertezza del futuro (in generale le donne pensano di essere svantaggiate dalla pandemia in termini di disoccupazione, licenziamenti, lavoro e cura della famiglia) ma un diverso grado di consapevolezza sulle soluzioni da adottare e, inaspettatamente, le donne manager hanno mostrato più timori sul futuro rispetto alle normali cittadine, forse per una maggiore consapevolezza sulla incertezza del futuro e per la attitudine manageriale ad individuare soluzioni in prima persona e non attenderle da altri (politica, istituzioni, datore di lavoro, Europa etc).

Dal punto di vista aziendale, il COVID ha cambiato la prospettiva ed il paradigma.

Si parla infatti di un nuovo management, più attento a:

• bisogni dell’individuo e più rassicurante
• valutazione del rischio
• cogliere nuove opportunità guardando con occhi diversi
• sostenibilità integrale (economica, sociale, ambientale)

Occorre quindi, una leadership resiliente capace di bilanciare necessità contingenti e visione di lungo periodo.

Il manager posto COVID deve essere tendenzialmente:

• empatico
• rassicurante, attento ai bisogni del personale
• capace di individuare nuove opportunità
• capace di prendere decisioni in uno scenario non definito, incerto
• trasparente nella comunicazione
• capace di innovare, individuare nuove modalità di business

Molte di queste caratteristiche sono tipiche (non esclusive) di una leadership femminile e quindi congeniali alle donne manager o imprenditrici, quindi il post COVID può presentare delle opportunità da saper cogliere.

Una ricerca condotta da Heidrick & Struggles i cui risultati sono stati divulgati nel mese di giugno 2020, rivela che le imprese in cui vi è un buon livello di inclusione di genere hanno fatturati migliori, sono più innovative e hanno maggiore possibilità di raggiungere gli obiettivi finanziari prefissi. Evidenzia che il cosiddetto soffitto di
cristallo ancora esiste poiché a livello globale solo il 5% degli Amministratori delegati sono donne. La ricerca ha messo a confronto un gruppo di aziende attente alla diversità di genere ed un gruppo meno attento. In 5 anni il tasso di crescita delle aziende più attente alla diversità è risultato superiore del 62%.

La ricerca conclude che una buona politica di genere è una buona politica economica e sociale. 

Cosa possono fare le aziende per far emergere e rafforzare la leadership al femminile?      

• Attuare programmi per avvicinare le donne alle carriere tecniche.
• Attuare politiche di conciliazione.
• Formazione sui soft skills.
• Formazione per abbattere stereotipi di genere.
• Programma di mentoring (esempi positivi).
• Programma di choaching.

Inoltre, introdurre obiettivi specifici di parità di genere che siano oggetto di specifica valutazione della performance del management (sistemi MBO).

Suggerimenti per promuovere e valorizzare la presenza femminile nelle istituzioni

L’esperienza delle quote di genere nei Consigli di Amministrazione (legge 120/2012) ha avuto un risultato importantissimo ed ha stimolato un dibattito culturale sulla tematica di genere senza precedenti. Sulla scorta di questo esempio, occorre creare un analogo meccanismo di quote anche nelle Istituzioni, così come in ogni altro ambiente lavorativo e non, in cui deve divenire culturalmente inaccettabile non avere una sostanziale parità di genere. Non dimentichiamo che uno dei 17 obiettivi di sostenibilità (SDG Goals) dell’accordo di Parigi è la parità di genere.

Ringraziamo per l’aiuto nella preparazione del materiale la Società Valore e personalmente il suo Presidente Francesco Sansone.